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Yemen, la guerra proxy che preoccupa l’Europa (e l’Italia) – di Maria Paola Frajese, Formiche

Chi c’era e cosa si è detto alla Società italiana per l’organizzazione internazionale (Sioi) nel corso dell’incontro Yemen: dai margini della Storia alla centralità della crisi globale con Mario Boffo già ambasciatore italiano in Yemen e in Arabia Saudita, Ivan Caruso consigliere militare della Sioi, Cesare D’Amico vicepresidente di Confitarma e Maria Assunta Accili ambasciatrice e membro del consiglio direttivo della Sioi. L’incontro è stato moderato da Flavia Giacobbe direttrice delle riviste Formiche e Airpress

Dalle origini della guerra in Yemen, alla crisi dei nostri giorni nel mar Rosso provocata dai ribelli Houthi. Ne hanno parlato alla Sioi Mario Boffo già ambasciatore italiano in Yemen e in Arabia Saudita, Ivan Caruso consigliere militare della Sioi, Cesare D’Amico vicepresidente di Confitarma e Maria Assunta Accili ambasciatrice e membro del consiglio direttivo della Sioi. La discussione è stata moderata da Flavia Giacobbe direttrice delle riviste Formiche e Airpress.

Da nove anni in Yemen è in corso una guerra civile, che ha provocato un disastro umanitario e una crisi profonda di uno Stato – che per la verità era debole già prima del conflitto.

Gli attori in campo

Ancora non è stata trovata una soluzione politico-diplomatica a quella che era nata come una guerra civile, ma che oggi si è trasformata in una guerra proxy (per procura), con molti attori interni in gioco; diversi attori regionali coinvolti (Arabia Saudita; Emirati Arabi Uniti; Iran), ma anche con gli interessi dei principali player internazionali (Stati Uniti; Unione europea; Russia; Cina; Qatar; Turchia; Israele).

E il posizionamento degli attori interni, regionali e internazionali nel conflitto è fondamentale per leggere gli attacchi asimmetrici e la difficoltà della navigazione nello stretto di Bab el-Mandeb.

“Come recita il Guardian, nessuno sa niente di Yemen e dintorni”, ha ricordato Mario Boffo. Infatti, la sanguinosa crisi che ha attraversato il Paese è nota ai più solo oggi.

Lo sviluppo in senso democratico dello Yemen era stato molto seguito e sostenuto dalla comunità internazionale, ma è stato lasciato nelle mani dell’Arabia Saudita.

Il gruppo armato ribelle

“Gli Houthi non sono un puro e semplice terminale agli ordini di Teheran e non sono Hamas, sono un clan famigliare con una connotazione politica e militante, molto più simili ai sunniti” ha aggiunto Boffo.

Il gruppo, che ha un terzo del Paese nelle mani, è alla ricerca di riconoscimento: “Il gruppo, che ha un terzo del Paese nelle mani, è alla ricerca di affermazione – ha sottolineato l’ambasciatore – e anche se ferreo alleato dell’Iran ora cerca un suo riconoscimento”.

Ecco perché “è importante capire la natura di questi movimenti sintomatici di frazionamenti nella galassia islamica. L’islamismo sciita praticato dagli Houthi è un movimento ispirato all’antimperialismo e antioccidentalismo, con una forte componente di nazionalismo”, ha affermato Maria Rosaria Accili.

“Si tratta di spiegazioni ideologiche che servono a capire la necessità di dialogo. Non sarà la guerra a cacciare via il gruppo, perché la loro ideologia resterà”, ha ricordato l’ambasciatrice.

Per contenere la spinta militare e di fronte alle missioni di natura difensiva, in Europa “bisogna concentrarsi sul valore essenziale della difesa e della politica di difesa ed estera comune. I Paesi da soli non riescono ad affrontare il mondo così come si sta configurando”, ha concluso Accili.

Le operazioni nel mar Rosso

La regione del mar Rosso ha sempre avuto un ruolo significativo nella storia, in particolare nel campo marittimo. Le maggiori potenze occidentali, infatti, hanno delle basi militari nell’area.

Le diverse operazioni in corso, ha ricordato il generale Ivan Caruso, sono a guida americana e inglese, con la missione Prosperity Guardian, l’iniziativa europea Agenor a guida francese dove l’Italia partecipa con la funzione di accompagnamento dei convogli e l’operazione Atalanta, con funzioni di antipirateria.

Aspides, invece, sarà una missione con delle regole d’ingaggio restrittive, di autodifesa allargata, che consentirà l’abbattimento di minacce in aria o per mare, ha ricordato Caruso. La sua base sarà a Larissa, in Grecia.

“Ci sarà un coordinamento con la missione a guida Usa e Uk e mi auspico che possa essere d’aiuto alla missione dell’Ue, dato che si tratta di neutralizzare una minaccia già in atto” ha concluso il generale.

Le guerre per procura sono ormai entrate nella dottrina delle maggiori potenze mondiali. “Per l’Iran avere il controllo del mar Rosso, e quindi delle vie che portano al Mediterraneo attraverso Suez, è una proiezione di potenza. Ecco perché l’Iran è molto attivo su questo fronte – ha detto Caruso – questo crea un forte dilemma strategico alle cancellerie occidentali”.

Traffici marittimi in difficoltà

Negli ultimi mesi il canale di Suez e il transito per il mar Rosso fino a Bab El-Mandeb aveva vissuto un aumento di traffico, a causa di siccità e piogge nel canale di Panama che hanno causato soste e attese lunghe per passare il Canale, creando colli di bottiglia importanti anche in quell’area ha ricordato Cesare D’Amico.

“In un mondo globale, questa situazione corre il rischio potenziale che se la crisi si allunga le merci potrebbero prendere stabilmente una direzione diversa, verso il nord Europa” ha detto D’Amico.

Tuttavia, il Mediterraneo ha una sua storia e un suo posizionamento strategico quindi l’augurio è che “la missione Ue possa garantire passaggi più sicuri, allentando la deviazione marcata, un mar Rosso più pattugliato che garantisca sicurezza” ha aggiunto il vicepresidente di Confitarma.

La precisione degli Houthi nella scelta delle navi da colpire, inoltre, conferma il forte apporto dell’intelligence iraniana all’operato del gruppo yemenita.

Lo zampino di Russia e Cina

Le preoccupazioni del nostro Paese non sono rivolte soltanto alla crisi del mar Rosso, perché, come ha spiegato il ministro Crosetto alla Camera, gli attacchi delle milizie yemenite filoiraniane nel mar Rosso farebbero parte di una più ampia strategia ibrida per destabilizzare asimmetricamente l’occidente.

Con lo zampino di Mosca e Pechino che cercano di prevalere in maniera sleale nella competizione globale e di guadagnare nuove sfere di influenza.

Un confronto che ha come interesse l’accesso alle materie prime, alle fonti di energia, alle terre rare, un confronto sulla capacità produttiva in settori e capacità strategiche, sulla superiorità tecnologica e sulla ricerca, ma anche un confronto sulla competitività economica.

Contributo di Maria Paola Frajese, Formiche