Intervista al Messaggero del Presidente Frattini
Il Messaggero, Lunedì 11 giugno 2012
Nigeria, assalto ai Cristiani, l’appello di Frattini: “UE intervenga”
di Marco Conti
ROMA – Onorevole Frattini, i cristiani continuano a saltare in aria nel nord della Nigeria e l’Europa continua a voltarsi dall’altra parte. Colpa della crisi?
«C’è questo rischio, ma è grave che accada.Non possiamo dimenticare che un anno fa a Bruxelles ci occupammo della penetrazione delle cellule terroristiche nel Sahara. Oggi registriamo la presenza di truppe mercenarie che hanno saccheggiato i depositi di armi libiche e, senza più Gheddafi, si sono consegnati al soldo del terrorismo. Ora dal Sahel la minaccia è diretta all’Europa, visto che questi mercenari potrebbero avere anche missili».
Ma che si può fare?
«Da ministro degli Esteri riuscii a portare sul tavolo del consiglio europeo una risoluzione che venne adottata e dice con chiarezza che le ambasciate dell’Unione Europea dei Paesi terzi devono effettuare un monitoraggio costante sul trattamento delle minoranze religiose. Si devono fare dei rapporti periodici all’ufficio della signora Ashton e l’Alto rappresentante deve informare il consiglio dei ministri degli esteri».
Per far cosa?
«Intanto temo che questo non sia stato mai fatto. Non mi risulta ci siano stati report dell’ambasciata della Ue in Nigeria o di quella a Bagdad. Sarei curioso di vedere e di sapere cosa dicono gli ambasciatori dell’Unione. Oltretutto la decisione risale a quasi un anno».
Non è forse venuto anche il momento di intervenire sull’attuale governo nigeriano?
«Certo, occorre un’azione politica perché non c’è dubbio che le autorità nigeriane non riescono a difendere adeguatamente i propri cittadini. È ora che l’Europa alzi la voce perché se restiamo in silenzio i fondamentalisti penseranno di poter fare il proprio comodo. Ricordo che anche le Nazioni Unite hanno di recente approvato una risoluzione in difesa delle minoranze religiose e quindi anche l’Onu ha gli strumenti politici per poter pretendere dal governo nigeriano un’azione più incisiva».
La Nigeria galleggia sul petrolio e il terrorismo dilaga. C’è un nesso?
«Boko Haram, l’organizzazione che ha rivendicato l’attentato, fa parte di una rete terroristica che colpisce dallo Yemen, allo Somalia, al Sahel e si sta diffondendo nel resto dell’Africa ed è arrivata anche in Malì».
Ma è solo guerra di religione o piuttosto c’è un problema del controllo delle risorse e di un paese che ha pochissimi ricchi e tantissimi poveri?
«Le truppe islamiste si spingono sempre più al Nord per avere il controllo economico di un Paese che, ricordiamo, è il secondo produttore di petrolio dell’Africa. C’è anche un problema di redistribuzione della ricchezza ed è per questo che l’Europa deve favorire un consolidamento democratico e premere sul governo affinché faccia le riforme in modo da levare al terrorismo di Al Quaeda l’alibi dell’Occidente cristiano che sfrutta il popolo musulmano».
Il terrorismo dilaga e gli affari in Africa li fa la Cina.
«La Cina ha grandi interessi economici e ha interesse alla stabilità. I cinesi stanno facendo grandi investimenti in Sudan e in Etiopia. Non c’è dubbio che l’Europa stia perdendo sia la presenza economica, sia quella politica. In Somalia, per esempio, c’è solo l’Italia, o quasi. Forse qualcosa ora cambierà grazie alla Francia. Ho incontrato di recente il nuovo ministro francese, Fabius, che ha rilanciato l’esigenza di un impegno europeo in Sahel. Speriamo».