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Visita del Presidente Napolitano SIOI 70 anni – Intervento di Franco Frattini

Roma, 20 ottobre 2014

I 70 anni della SIOI. Cerimonia alla presenza del Capo dello Stato Giorgio Napolitano
Intervento del Presidente Franco Frattini
– lunedì 20 ottobre 2014, Palazzetto Venezia –

Caro Presidente,
come ha avuto modo di avvertire visitando la mostra sui 70 anni della SIOI, le stanze di Palazzetto Venezia sono state per lungo tempo al centro della politica estera del nostro Paese.
E’ tra queste mura ed in queste aule che sono stati decisi, per molti decenni, i destini dell’Italia e quelli di importanti iniziative internazionali.

Penso innanzitutto a quel lontano 14 dicembre 1955 quando Roma fu tra i primi Paesi ad aderire al più grande manifesto di libertà e democrazia del mondo, le Nazioni Unite, manifestando, così, una coscienza nuova rispetto al regime antidemocratico che fino a qualche anno prima aveva occupato proprio questa sede.

Penso, ancora, alle idee e riflessioni qui nate e che hanno portato, nonostante un acceso scontro politico nell’Italia di quegli anni, all’adesione di Roma alla NATO, creando sin dal 1949 un legame indissolubile fra gli Stati Uniti, e la democrazia italiana.

E’ grazie a uomini come Luigi Einaudi, Alcide De Gasperi, Carlo Sforza – per citarne solo alcuni – che la politica estera italiana è riuscita a fare investimenti lungimiranti che hanno permesso al nostro Paese di riscattarsi, sino a diventare indiscusso protagonista degli eventi storici mondiali.

Il 1944anno in cui nasce la SIOI – è l’anno della riscossa per la politica estera italiana. Si riprendono, grazie al governo Bonomi, le relazioni diplomatiche ufficiali con le grandi nazioni democratiche e vengono nominati i primi ambasciatori nelle capitali.

E’ l’anno in cui un gruppo di giovani giuristi ed internazionalisti dallo spirito libero, uomini di studio e di azione, profondamente legati ai valori della libertà e della democrazia, decide di manifestare un segno che non fosse quello dell’autarchia e del nazionalismo del “ventennio”, ed affermare che anche in Italia vi erano persone che credevano nella collaborazione tra i popoli. Tra questi, in prima fila mi piace ricordare le figure di Nicolò Carandini, Roberto Ago, Pasquale Chiomenti, Gaetano Morelli, Tomaso Perassi e Filippo Vassalli.

Uomini che hanno saputo distinguere fra passioni politiche e il comune tessuto istituzionale. Uomini che hanno saputo conciliare partigianeria politica e senso delle istituzioni. Uomini e donne, fino ad allora in penombra, e da quel momento nobili tessitori di relazioni ed incontri internazionali che hanno fatto i libri di storia del nostro Paese.

Non posso non ricordare, Signor Presidente, che nel 1946 Alcide De Gasperi volle che la SIOI presentasse la propria candidatura alla costituenda Federazione Mondiale delle Associazioni per le Nazioni Unite – la World Federation of the United Nations (FMANU – WFUNA) – “per creare nel popolo italiano un interessamento alle finalità di cooperazione internazionale delle Nazioni Unite e, per provocare un movimento di opinione pubblica utile all’ammissione dell’Italia in seno al grande Consesso” (lettera di Alcide De Gasperi al presidente della SIOI Dionisio Anzilotti del 4 marzo 1946).

La SIOI divenne l’Associazione Italiana per le Nazioni Unite, e membro fondatore della Federazione Mondiale delle Associazioni per le Nazioni Unite” (WFUNA), dieci anni prima dell’ammissione dell’Italia all’ONU.

La sua presenza qui, oggi, caro Presidente, è per noi un gesto umano ed un onore che sentiamo profondamente. Ma è anche un gesto storico. Perché rende ancor più intenso e prezioso il bagaglio dell’azione diplomatica del nostro Paese, così come la testimonianza che grandi leader del mondo e suoi predecessori – uomini come De Nicola, Einaudi, Gronchi, Segni, Saragat, Leone, Pertini, Cossiga, fino alla visita del Presidente Ciampi nel 2004 – hanno voluto esprimere verso la storia, il prestigio e gli obiettivi di questo Istituto: primo tra tutti quello di diffondere la cultura di difesa della persona umana attraverso la ricerca e la formazione delle nuove generazioni.

E mi è particolarmente caro, Signor Presidente, ricordare oggi la Sua attiva partecipazione, dal 1987 al 1991, al Direttivo della SIOI, cui pure avevano partecipato, negli anni, Ferruccio Parri, Ugo La Malfa, Giovanni Malagodi, Franco Calamandrei, Rodolfo Mosca, Franco Valsecchi, Roberto Ago, Norberto Bobbio.

Questi sette decenni raccontano grandi eventi, ma soprattutto grandi leadership. Uomini e donne che di fronte alle minacce e alle sfide politiche e geopolitiche hanno sempre mostrato intelligenza e straordinaria energia. Leader che guardavano al futuro e che certo hanno lasciato un’impronta sulla storia. Penso a Roosevelt, a Paul Henri Spaak, a Carandini e Cattani, La Pira, Gaetano Martino. Ma anche ad intellettuali come Jacques Maritain che qui alla SIOI espresse, in una memorabile lezione, alcuni dei pensieri che comunicava nei suoi colloqui con il Beato Papa Paolo VI.

Guardare a queste personalità, tra cui Lei Presidente ha un posto che tutti Le riconoscono, rende purtroppo più stridente il contrasto con figure che oggi, in Europa e nel Mondo, faticano a comprendere e poi affrontare sfide e minacce della realtà contemporanea. Come ha detto l’ex Segretario di Stato americano Henry Kissinger, anch’egli illustre frequentatore di questa sede, “i leader non sono responsabili dei sondaggi dell’opinione pubblica, ma delle conseguenze delle loro azioni”. Non vedremo il giudizio della storia domani mattina in televisione, ma sui libri di storia tra 50, 100 o più anni da ora.

Ecco perché abbiamo deciso di raccontare all’Italia ciò che voleva dire la politica estera. Perché occorre avere un archivio perenne di racconti che rischiano altrimenti di andare perduti. Occorre soprattutto portare alla ribalta ciò che era e sapeva essere il nostro Paese quando seppe ritrovare la sua dignità e, compiendo scelte giuste ed importanti, quando riuscì a proiettare la più bella e profonda immagine agli occhi del mondo.

Lo testimonia il fatto che grandi leader europei come Mitterrand o Chirac abbiano deciso di fare visita a Roma, in SIOI, per raccogliere idee dai nostri intellettuali e dare avvio a quelle che sono poi divenute loro grandi scelte di politica. O il fatto che il ministro degli Esteri d’Israele Abba Eban, proprio a ridosso della guerra dei sei giorni, sia venuto a Roma, alla SIOI, per riflettere sulla crisi di quegli anni. O ancora che il Segretario Generale dell’OPEC sia passato da Palazzetto Venezia nei giorni della primi crisi petrolifera. E poi De Gasperi che incontra Gruber; oppure Carandini e Cattani che proprio in queste stanze hanno avviato la nascita del Partito Radicale. O, infine, la visita fatta alla SIOI da due Segretari Generali dell’ONU.

Sono solo alcune pillole di un’enciclopedia che questa sede è in grado di raccontare. A volte basta un attimo per dimenticare la storia, ma a queste stanze non basterà una vita per dimenticare solo uno di questi volti.

Noi oggi, caro Presidente, abbiamo la consapevolezza che nessuna revisione storica potrà mai cancellare cosa hanno fatto i protagonisti ritratti in questa mostra. Qui c’è la storia. Quella di un Paese e dei suoi leader che per il bene del proprio popolo chiedono a noi oggi di non banalizzare la loro azione, ma di incalzarla. Dimenticare sarebbe una grave sconfitta.

Da giovane come da adulto, da Magistrato così come da ministro degli Esteri, ho sempre ritenuto che le istituzioni siano come un vaso di cristallo prezioso, soffiato nei decenni da donne e uomini cui dobbiamo gratitudine. E che, come ogni cristallo prezioso, ciò che è stato con fatica costruito negli anni può andare in frantumi in un secondo, e non si ricostruisce più.

Questo messaggio la SIOI continua a trasmetterlo ai ragazzi di oggi, ai nostri alunni ed ex alunni, due dei quali Le rivolgeranno un breve pensiero; ragazze e ragazzi che, nei decenni, hanno rappresentato e tuttora rappresentano oltre i due terzi dei diplomatici italiani, egregi servitori dello Stato cui Lei – è molto più modestamente io – ha sempre voluto esprimere sostegno ed incoraggiamento, anche in tempi di disillusione e preoccupazione.

Dopo settant’anni è ancora viva per noi la scalata del Palazzo e l’ingresso da una finestra di quel giovane internazionalista, Roberto Ago, che nel 1944 issò su questa facciata la bandiera dei diritti. Così come resta viva la voglia di osservare il mondo e di parlare ad esso attraverso quei modelli di libertà, apertura, tolleranza e competitività di cui l’Italia dovrebbe andar fiera. Perché come ha detto il suo predecessore Luigi Einaudi: “la libertà esiste se esistono uomini liberi, muore se gli uomini hanno l’animo di servi”.

I settant’anni della SIOI sono la festa degli uomini di libertà.
Grazie mille Presidente per essere un modello davvero speciale di libertà e per aver voluto dedicare il suo tempo per festeggiare con noi.