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Franco Frattini: USA 2016 – "La batosta della Clinton farà bene agli europei" (Intervista a Libero)

Relazioni Esterne
14 Novembre 2016

USA 2016 – “La batosta della Clinton farà bene agli europei” (Intervista a Libero)

Il due volte ministro degli Esteri prevede le conseguenze del voto americano 
“Il disimpegno americano dalla Nato è un’ occasione per creare una difesa comune e superare il dogma dei vincoli di bilancio. Juncker ha sbagliato”

di Marco Gorra per Libero
«La priorità è anticipare lo scappellotto di Trump». Franco Frattini il ministro degli Esteri lo ha fatto due volte, una delle quali coincisa con la transizione da un presidente americano all’ altro (2008, quando la partenza tra Obama e Berlusconi «non fu felice»). Ed ha le idee chiare su quale dovrebbe essere il primo passo da compiere davanti al ciclone Trump: «Fossi io alla Farnesina, cercherei di preparare il premier a fare una proposta immediata per prevenire la sberla che, inevitabilmente, arriverà da Washington».
Quale sberla?
«L’ annuncio da parte di Trump della volontà degli Stati Uniti di disimpegnarsi dalla Nato in termini operativi e, soprattutto, finanziari».
Sberla non piccola.
«Ma coerente con quanto promesso in questi mesi e richiesto dal suo elettorato: la fine dell’ America global cop e la chiamata all’ Europa affinché inizi a fare da sé».
E la proposta immediata per prevenirla sarebbe?
«La convocazione di un consiglio europeo straordinario a dicembre con all’ ordine del giorno la creazione di un sistema di difesa europeo. Doppio vantaggio: l’ Europa si fa trovare pronta e coglie al volo l’ occasione offerta da Trump di assestare un colpetto all’ ortodossia dei vincoli di bilancio».
In che modo?
«È evidente che in questo scenario la spesa militare degli Stati europei dovrà crescere fino al 2,5 o 3 per cento del pil. Questo da una parte sarà una mano santa per l’ industria, dall’ altra renderà chiaro che queste spese sono nell’ interesse comune dell’ Unione, e che quindi devono uscire dai bilanci nazionali».
E la leadership europea è in grado di farlo?
«Purtroppo la leadership europea è quella che è».
 
E non è partita benissimo…
«La Ue deve darsi una regolata, da un politico di lungo corso come Juncker mai mi sarei aspettato di sentire frasi come quelle che ha detto. Speriamo gli siano solo scappate».
Alla fine eravamo molto più preparati noi italiani che almeno avevamo visto Berlusconi.
«È meno una battuta di quanto sembri. Trump presenta molte analogie con il Berlusconi del ’94: entrambi sono portatori di un messaggio che è antipolitico solo in apparenza, ma che in realtà è il messaggio di chi si propone di portare nella gestione della cosa pubblica l’ arte e la parte che ha dimostrato di avere in altri campi».
 
Altro elemento in comune è la reazione isterica dell’ opinione pubblica…
«Quelle che stiamo vedendo nelle piazze americane sono brutte pagine, e bene ha fatto Obama ad invitare i dimostranti a stare in casa e ad accettare la vittoria di Trump. Detto questo, niente di nuovo sotto il sole: mi ricordo ancora la famosa manifestazione del 25 aprile ’94, quando avevamo appena vinto e si creò una mobilitazione oceanica nemmeno fosse tornato Mussolini».
È andata a finire che gli abbiamo esportato i girotondi?
«Credo che la paura di perdere il potere l’ establishment americano ce l’ avesse già in casa».
A proposito di esportazioni, c’ è da prendere atto di una annunciata inversione a U nella politica estera americana.
«Di sicuro c’ è da prendere atto del fallimento della politica estera di Obama, che ha iniziato il mandato con un Nobel per la pace sulla fiducia e lo ha finito lasciando in eredità due nuove guerre ed una minaccia terroristica più forte di prima. Per tacere della situazione europea».
 
E perché tacerne.
«È stato commesso l’ errore di danneggiarsi da soli (economicamente con le sanzioni e politicamente per lo scacchiere mediorentiale) nel rapporto con la Russia.
E tutto per venire incontro alle paure dei Paesi baltici e della Polonia. Paure comprensibili, sia chiaro. Ma anche governabili».
 
Da cui la necessità di cambiare verso.
«Da cui la necessità di aggiornare le priorità. A partire dal rapporto con la Russia».
Torna lo spirito di Pratica di Mare?
«Sì che torna. Manca un Berlusconi che faccia stringere la mano ai due, ma l’ impressione è che siano più che attrezzati per stringersela da soli».
Effetti pratici di questo ritorno?
«Principalmente il rafforzamento della lotta contro il terrorismo, che dei temi di politica estera è peraltro quello più sentito dagli elettori di Trump».
 
Da attuarsi come?
«Partendo dalla Libia. Che i primi due leader a congratularsi con Trump siano stati Putin e al Sisi qualcosa vorrà pur dire: con loro due nella partita, il generale Haftar di Tobruk si riconcilia con Tripoli e il governo di unità nazionale contro i jihadisti si fa in un baleno».
Politica estera che sarà diretta da un nuovo segretario di Stato. Che idee si è fatto sul toto-nomi che gira in questi giorni?
«Sia Newt Gingrich che John Bolton sono preparati e capaci. Certo, si tratta di persone in un certo modo organiche alla visione dell’ era Bush ed alla sua politica estera, ma non ho dubbi che, nel momento in cui entrassero in un’ amministrazione a guida Trump, sarebbero i migliori interpreti della linea del nuovo presidente».
Ma non è curioso che, per ribaltare la politica estera repubblicana, alla fine si debba ricorrere a totem viventi della politica estera repubblicana?
«Al contrario, è logico. Se devi fare la pace in Medio Oriente, la farai meglio con un premier israeliano di destra; se devi fare una riforma che spazza via il sindacato, la farai meglio con un governo di sinistra; se devi inaugurare una politica estera fatta di dialogo con Mosca e disimpegno globale, chi meglio di un falco interventista per portarla a termine?».
 
E intanto qui abbiamo un ministro degli Esteri ed un premier poco più che esordienti ad affrontare uno sconvolgimento transatlantico senza precedenti.
«Compito difficile ma non impossibile. Certo, la partenza di Renzi non è stata il massimo».
Si riferisce all’ aperto sostegno dato alla Clinton?
«C’ è una frase della Clinton che mi ha molto colpito: “Ci sono premier di alcuni Paesi che mi hanno incoraggiata a difenderli da Trump, come il premier italiano”.
Un azzardo molto grosso ».
Soprattutto, un azzardo di cui non bisogna far sapere in giro.
«Esattamente. Ricordo che nel 2008, nonostante avessimo netta la percezione della vittoria di Obama e nonostante Berlusconi fosse molto intrigato dal personaggio, riuscii a fare rispettare la consegna del silenzio fino a spoglio avvenuto».
 
E invece noi siamo partiti male.
«Quello senza dubbio, ma niente drammi. Può darsi che il nostro premier non sarà il primo nella lista dei colleghi da abbracciare, ma non credo proprio che Trump avrà alcun interesse ad effettuare un downgrade del ruolo strategico dei rapporti con l’ Italia».
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GLI STUDI Franco Frattini ha frequentato il liceo classico e si è laureato in giurisprudenza nel 1979. Dal 1984 è stato avvocato dello Stato, magistrato del Tar Piemonte. Nel 1986 è stato nominato Consigliere di Stato.
POLITICA Nel 1994 aderisce a Forza Italia ed è nominato Segretario generale della presidenza del Consiglio dei ministri durante il governo Berlusconi. È Ministro per la funzione pubblica e per gli affari regionali del successivo governo Dini. Dal 1996 al 2001 è presidente del comitato parlamentare di vigilanza sui servizi segreti (Copaco) eletto con voto unanime di maggioranza e opposizione.
Dal novembre 1997 all’ agosto 2000 è Consigliere comunale a Roma. Nel 2001 viene nominato ministro per la funzione pubblica del governo Berlusconi II. Dal 14 novembre 2002 al 18 novembre 2004 diventa Ministro degli affari esteri.
L’ EUROPA Dal 2004 al 2008 è commissario europeo. Nel 2008 Frattini ha preso l’ aspettativa dall’ incarico di commissario europeo per candidarsi alle elezioni italiane. Dal 2008 al 2011 è tornato Ministro degli affari esteri nel governo Berlusconi IV, come già tra 2002 e 2004. Nel dicembre 2012 lascia Il Popolo della Libertà.
ALTA CORTE Dal 2014 è giudice dell’ Alta corte di giustizia sportiva del Coni, il più alto incarico della giustizia sportiva italiana.